martedì 27 dicembre 2011

Abbracci

..... e un 26 Dicembre da Antonietta e John per un brindisi augurale, sul tardi della sera; intimo, carico di ricordi e amicizie vere, ma con  l'occhio vigile sul futuro, ancora tutto da vivere e che sognamo migliore.
buon anno
gs

sabato 24 dicembre 2011

Il coro


Da sinistra:
Maria di Beo, la Ciaccina, la Piera di Romeo, la Bonaria, la Silvana di Beo, Roberto del Moretti, Antonio della Franca, la testina di Ernesto di Pipone, col velo la Franca spettacolare, la Luciana del rio e nel mezzo fra lei e la Franca, la sua sorella  Franchina che finì in America. Poi la Emma di Pasqualino, la Loise. la Giuliana del Corti, la Graziella di Ganna e la Anna della Buca. la bimba davanti è la Elena di Beo e all'organo il Peloso.
O chi è la testina dietro a tutti? Qualcuno dice il Pottella......
... e invece no... non è il Pottella ma Aurelio dell'Angiolina. Così mi informa una fonte autorevolissima.

giovedì 22 dicembre 2011

4 Raccontarello della Domenica: Calendari profumati

Buone feste.
Era scritto con un pennarello grosso sul davanti di una scatola bianca.
La scatola era coperta da un tappo con intorno incollato un filo argentato, di quelli che servono per addobbare gli alberi di Natale. Ora mi pare che si usino sempre meno.
In mezzo al tappo una feritoia artigianale fatta con le forbici, per consentire il passaggio delle monete.
Era fatta così, senza tanti fronzoli, la cassetta delle mance delle feste di Natale nella bottega di barbiere di mio padre.
Quando mancavano una decina di giorni al Natale, la scatola appariva su un lato degli armadietti bassi sotto lo specchio, in mezzo a forbici e rasoi. E accanto alla scatola i calendarietti profumati, un po' scostumati per quell'epoca (ma il mio babbo non esagerava mai).
Il "ragazzo di bottega", una volta finito il servizio, faceva gli auguri al cliente, consegnava il calendarietto e intascava la mancia che finiva dentro la scatola sul bancone.
Li ricordo tutti i calendari, uno per uno.
Verso la fine di Novembre, quando arrivavano, aiutavo mio padre a sistemarli.
Già l'apertura del pacco era una poesia, perchè immediatamente venivi colto da un profumo che ti rimaneva nel naso per tutta la notte. E poi andavano imbustati  e anche guardati, naturalmente.... si sa che il figlio di un barbiere su "certe tematiche" cresce prima ( a proposito di educazione sentimentale!)......ed io fatta la lezione di scuola, cominciavo la lezione di vita; dopo le sei andavo in bottega dal mio babbo e ascoltavo, ascoltavo, fingendo di leggere Hurrà Juventus...
I calendarietti profumati con le nappine e le donnine osè stavano dentro una bustina traparente e a misura.
Di solito venivano tenuti nel portafoglio.
Dopo averli imbustati il mio babbo, senza dirlo alla Piera, la mia mamma ( se no avrebbe urlato come una matta), me ne regalava uno, chiedendomi un patto di lealtà e di non farlo vedere a nessuno, prima che non fosse iniziata la distribuzione in negozio. Ed io rispettavo il patto, perchè il mio babbo si fidava di me ed io ci tenevo alla sua fiducia. Così è sempre stato, per tutta la vita.
Comunque a quel tempo, intorno alla fine degli anni sessanta primi settanta, avevo poco più di dieci anni, tenevo per più di due settimane il calendarietto in cartella con le donnine in bella mostra.
Vicino al Natale i calendari cominciavano a essere consegnati e allora io potevo farli vedere ai miei amici;
Col tempo le donnine si sono scollacciate, di solito erano attrici o modelle in voga in quel periodo.
Ne ho ritrovati alcuni; uno con una Laura Antonelli bellissima, del 1975.
Ma lì ormai ero cresciuto e la magia, quella della scoperta vera, era già finita.
Comunque Buone feste.
Ecco i calendari, il profumo è ormai evaporato.
La mancia non importa, grazie.

1956
1971


1975

venerdì 16 dicembre 2011

3 Raccontarello della Domenica: Mi risulta......

Questa storiella è dedicata a Renato il Marchetti e Buino.

Quand'ero piccino i bar a Molina erano tanti. Provo ad elencarli a memoria: in piazza di sotto c'era la botteghina da Bruno, ora ci sono Carletto e Luca; poi la pergolina, prima di Pasquale, poi di Caccole (c'è una foto storica pubblicata sul blog) e alla fine dell'Omone; all'inizio della via Nova (la Panoramica, ora intestata a Pertini) c'era Manlio che vendeva la panna. In piazza di sopra c'era l'Acli, in piazzetta il circolo dell'Arci e il barretto della Giulia di Lana, una donna che ricordo sempre vestita di nero, davanti al tiglio che non c'è più.
Sui ponti  vicino a dove stava Cristo, alla curva stretta, c'era un'altro barretto; poi si arrivava a quello di Ciapino, bellissimo con la ringhierina in prospettiva e sotto la bottega e sopra il ristorante di Santi.
Fondeto, Freghino e dal Guidotti (battezzato Quattro venti dagli studenti universitari pisani, che lì avevano mangiato, prima della partenza per la battaglia di Curtatone e Montanara)  erano vecchie trattorie ristoro.
Freghino credo che ogni tanto apra ancora, Fondeto è andato da tempo, Quattro venti è sopravvissuto al grande Francone, grazie alla Elda e alle figlie Nicoletta e Francesca.
Ma la storia che voglio raccontare riguarda il circolo in piazzetta. CRAL, diceva l'insegna di allora (Circolo Ricreativo Assistenza Lavoratori) associazione fondata dai socialisti e i comunisti nel dopoguerra, per permettere a quella classe sociale portata alla dignità dalla lotta di Liberazione, di avere i suoi luoghi di svago e di intrattenimento. I CRAL con gli anni, sono poi stati riuniti nell'Arci, associazione culturale storica della Sinistra. Oggi il circolo molinese resiste ed è punto di riferimento della vita sociale del paese, grazie all'impegno di alcuni eroi; ne cito uno per tutti sicuro di  non fare torto a nessuno: Angiolino Bernardi, il presidente.
Ma il mio racconto parte da lontano.
Anni sessanta; il circolo è poco frequentato. La maggior parte dei molinesi vanno ai bar in piazza di sotto.
Al CRAL continuano ad andare solo alcuni irriducibili. Tutti rigorosamente comunisti o socialisti, usciti dalle ferite della guerra. In quel periodo il Presidente del circolo è il Marchetti, marito della Mary, figliola del Morino ( migrato in Galifornia, con la g come lui diceva e ritornato a casa). La figliola del Marchetti è la Laura, mamma di Simone e moglie del Pilli, figliolo di Sandrino il vinaio sul rio.
Il Marchetti era un'autorità: comunista, operaio, persona seria e rispettata.
Durante una riunione del Consiglio del Circolo di cui faceva parte anche Francesco Paolini calzolaio, detto Buino, segretario del Partito Comunista, viene fuori la questione che la dispensiera aveva una tresca con un avventore; quest'ultimo aveva l'abitudine di andare al circolo la sera verso le sette, quando non c'era nessuno e consumare le sue passioni d'amore con la barrista, appoggiandola letteralmente con la pancia sul bancone e consentendo a lei, durante l'accoppiamento (una sveltina velocissima), di vigilare tenendo la testa girata verso la porta d'entrata, senza nessuna fatica. A quell'ora nessuno andava al bar e tutto era sempre filato liscio e poi se qualcuno si fosse presentato, c'era tutto il tempo per il "cavaliere", di ritrarsi, ricomporsi senza fretta e semmai ripiegare in bagno, attraverso la porticina subito a sinistra del bancone.
 I due amanti però avevano sottovalutato il fatto che le finestre del circolo, anzi le serrande delle finestre, avevano delle feritoie che permettevano di poter vedere tutto quello che accadeva all'interno. E una della finestre e dirimpetto al ba ncone, come ora.
Qualcuno ( nei paesi c'è sempre chi di mestiere  non si fa mai i fatti suoi)  aveva capito la tresca e dopo aver studiato le mosse  degli amanti, ne godeva  le scene d'amore affacciato alle feritoie; comodo come al cinema o in un palchetto a teatro. Il guardone però non si era accontentato dello spettacolo (ahilui) gratis  ma aveva anche raccontato in giro la cosa ( forte del fatto, che annovera molti sciocchi, che se non lo racconti è come se non l'avessi fatto), per cui alla serranda della finestra s'era fatta la fila; e la cosa era diventata di dominio pubblico.
Fu allora riunito  d'urgenza  il consiglio del circolo che, dopo aver biasimato l'accaduto (i comunisti usciti dal dopoguerra erano moralisti più dei preti), prese la decisione solenne con tanto di verbale scritto, che il Presidente Marchetti  avrebbe dovuto comunicare alla dispensiera che "quella cosa" doveva finire.
-"Va bebe, lo faccio io, ma cosa gli dico?"- disse il Marchetti preoccupato.
-"Sono affari tuoi "-rispose Buino.
 "Il Presidente sei te e questa "vergogna" non può essere tollerata dal Partito. Fai la tua parte!"- E Buino era uno che sapeva come si davano gli ordini politici, essendo il segretario del Partito.
Il Marchetti si rimuginò tutta la notte nel letto convinto che quello che gli avevano dato era un compito scabroso. Maledisse il ruolo di Presidente a cui tanto teneva, ma si convinse che il lavoro andava fatto senza tanti giri di parole. E così fu. Il giorno dopo tornato dal lavoro, si fece coraggio e andò al circolo; appena entrato vide la  dispensiera sola dietro il bancone; la stanza era vuota.....  raccolse tutte le energie, gonfiò il petto e disse tutto d'un fiato -"Mi risulta che qui si tromba, meglio smettere e....... alla sveltina!!!!"
Poi girò i tacchi e torno a casa soddisfatto. Aveva fatto la sua parte, autorevole e senza tanti giri di parole.
La dispensiera lo guardo attonita e senza parole....quasi senza capire, continuando a lavare i bicchieri.
La sera dopo cena, il Marchetti tornò al bar come se niente fosse accaduto.La dispensiera lo salutò come sempre, gli fece il corretto al rumme e tutto fini lì.
Le chiacchiere raccontano che nessuno abbia mai smesso di fare niente, ma questa è un'altra storia che non ci interessa.
Le serrande con le grate mi pare abbiano resistito a tutti questi anni.......
Provate a vedere.
Serranda finestra del Circolino. Foto 24 12 11
E' così...

mercoledì 14 dicembre 2011

Eccidio della Romagna, si chiede giustizia

vedi blog principale......

Sotto la pergolina

Questa è una foto storica.
Si riconoscono da sinistra:
Il primo non mi viene il nome, poi Ugo... Umbe il Ghelardi, Pasquale, Luciano della Emma, ritto Caccole, il Vanni, mi pare Mario di Pipone, Giulietto "scandella" Pancrazi, il Mancini.

sabato 10 dicembre 2011

Lo Straniero

Ricevo una telefonata
-"Pronto sono lo Straniero........."
Ha letto dei Piovuti e mi ha chiamato subito.
-"Leggo tutto quello che scrivi, sempre."- mi dice.-"Tu che in tutti gli scritti parli sempre del mio essere belloccio, guarda la foto che ti ho mandato........"
Era il 1977.
E allora io ne ho aggiunta un'altra, per esagerare. E' dello stesso viaggio verso l'Olanda.
Io, Claudio, Antonio e "Guido", in gran forma direi.

Buon Compleanno

Oggi 10 Dicembre 2011
Simone Gabbriellini , uno dei meglio pezzi della storia di questo paese,
compie 50 anni
Buon compleanno e altri cinquant'anni per stupirci.

mercoledì 7 dicembre 2011

Raccontarello 2bis Piovuti



I "piovuti" sono tra noi; arrivano,si innamorano follemente del luogo, frequentano tutto il frequentabile: parrocchia se credenti, circoli, bar,enoteche, comitati, gite sulla neve, partiti se esistono sempre, cene sociali, si fanno eleggere negli organismi scolastici ..... Ovviamente non conoscono la storia del paese, l'origine dei soprannomi, chi degli autoctoni è più o meno permaloso, chi sa le cose e chi invece dice di saperle, ma non le sa. Pacche sulle spalle a tutti e piacionismo d'annata.
Dopo un po' qualcuno si lascia andare..... la butta di "fori".Sembra sia stato sempre in zona. S'allarga.
Guai a lui. Viene subito preso per il culo e in punta di fioretto, che da noi è un'arte sopraffina.
Quando il malcapitato (mai parola fu più azzeccata) se ne accorge, si offende e sparisce.Un classico che si ripete da sempre. Ci sono liste e liste di nomi. Fallimenti veri e propri.
La mia generazione (e parlo per la mia, non voglio sconfinare), ha riconosciuto un "piovuto" solo, che ormai può dirsi di Molina a tutti gli effetti: lo Straniero, perchè uno che ha accettato subito un soprannome così e quando ti telefona dopo 35 anni ti dice:- "sono lo Straniero come stai...." ha praticamente passato la prova più vera. Lo Straniero è un "molinese vero", altri un po' meno.
A quelli "un po' meno" è dedicata la filastrocchina più giù.

Ps. Poi ci sono i "piovuti gentili", rispettosi e cari. A loro un grande applauso. Molti di noi lo siamo.....da altre parti; compriamo il pane, salutiamo tutti con gentilezza, torniamo a Molina appena è possibile, così.... perchè solo lì, ci sentiamo a casa nostra.

Arrivano convinti
felici sorridenti


sostengono il sociale
coinvolgono i parenti


"Molina che paese!"
sostengon con ardore


ci mettono su casa
vanno a fare le more


e dato che han studiato
ci dicono che fare


ma i nati nel paese
non amano il pareggio


mai si son fatti dire
cos'è che è meglio o peggio


i libri e la tivvù
ci sono anche quaggiù


e allora la battuta
che qui è sempre piaciuta


a volte può partire
e duro può colpire


e i nuovi cosa fanno?
s'offendon tutto l'anno


al bar non vengon più
stan soli alla tivvù


Molina si fa stretta
peccato, che disdetta


raccontano agli amici
che "non sono più felici"


e allora ogni rumore
produce malumore


"non fossero venuti....!!!
si sa, sono i piovuti.

domenica 4 dicembre 2011

2 Raccontarello della Domenica: Catene.....


Estate 1969, l’Italia è nel pieno dell'onda lunga del sessantotto studentesco e in mezzo alle lotte operaie; quell’estate nasce la rivista del Manifesto , che poi diventerà quotidiano e ancora oggi resiste alle intemperie del terzo millennio.
Il Pisa Sporting Club è appena retrocesso in serie B dopo un campionato nella massima serie, a dire poco scabroso. Penultimo posto.
Il campionato per ironia della sorte lo vince la Fiorentina. La coppa dei campioni (si chiamava così) il Milan.
Di quell’annata calcistica nefasta ricordo solo due episodi interessanti; il primo un Pisa-Milan di Sabato sotto un acquazzone infernale con la sconfitta in casa per uno a zero e Manservizi che prende per il collo il grande Rivera;  il secondo episodio è il rigore parato da Annibale, il portiere del Pisa al grandissimo Gigi Riva detto Rombo di tuono e il pareggio per zero a zero che sembrò più di una vittoria. 
Tutto qui, la serie A era sdrucciolata via come l’acqua sugli impermeabili.
La campagna acquisti dell’estate '69 aveva però riacceso le speranze; l’imperativo della dirigenza era: “risalire subito” in serie A.
Anche a Molina l’attesa per la nuova squadra si era fatta febbrile. Nei bar non si parlava d’altro e anche da noi, come in molti altri paesi della provincia, era d’uso andare a trovare la squadra del cuore in ritiro. Una gita in pullman vera e propria  con mangiata  e cori sulla via del ritorno.
Quell’anno il Pisa aveva cambiato allenatore, al posto di Renato Lucchi era arrivato Lauro Toneatto; una carriera calcistica alle spalle non edificante ma con la fama di essere un duro dello spogliatoio.
“Riprendiamoci la serie A subito, perché Pisa  è una piazza che lo merita “. Toneatto si era presentato così….. E tutti avevano goduto.
L’allenatore portava le sue squadre in ritiro a Piancastagnaio sull’Amiata e anche quell’anno non aveva cambiato abitudine.
A Molina iniziarono i preparativi per la gita. Eravamo in pieno luglio, mese clou per la preparazione del campionato. Al bar era iniziato il tormentone sulla formazione che avrebbe affrontato il campionato e i nuovi giocatori che di lì a poco sarebbero stati visti in azione; discussione  che, come sempre, finiva per coinvolgere anche di chi lì per lì non era interessato al pallone. 
I tifosi più incalliti, oltre  a raccontare le gesta passate dei nuovi acquisti non finivano di magnificare la gita che avrebbero fatto di lì a poco e i luoghi del ritiro scelto dal Pisa, sul monte Amiata:- " terra di bellezza straordinaria e di ristoranti eccellenti."
"E poi il periodo" - dicevano- "in pieno solleone….perchè se piovesse di luglio…. allora fo’o."
Riassumendo: gita dei tifosi per andare a  trovare la squadra di pallone del cuore, in uno di mesi più belli dell’anno, con giornate lunghe e bel tempo, ribotta a tavola e mogli e fidanzate a casa….
In mezzo a questa aspettativa però era trapelata la notizia (ogni paese ha le sue gole profonde) che quell’anno un gruppo di birbanti paesani, rimuginava di combinare uno scherzo ai gitanti.
Ma cosa sarebbe potuto accadere nessuno lo immaginava.
La notizia sotto-sotto girava e la curiosità, mano a mano che si avvicinava la data della partenza, cresceva.
-“ Si dice che faranno un dispetto a quelli che vanno a vedè il ritiro del Pisa….”- era il ritornello.
-“Ma cosa potranno mai fare”-si chiedevano i gitanti, senza dare l’idea della preoccupazione- "sono solo le solite chiacchiere."
un possano mia rubà 'r purman, tuttarpiù  tireranno una secchiata
“E noi ci si ‘ambia la ‘amicia, si parte…. e  ni si va ner culo…”
E questo era il modo per reagire a un sospetto che i più scafati della compagnia  però, ritenevano possibile. Che qualche furbo “n’avrebbe fatto votà i coglioni” non era fuori dall'ordinanza.
I più vecchi seduti sugli scalini con l'atteggiamento solenne dei saggi, si divertivano a dire -“tanto un vi fanno partì, l’han giurato…. così si dice a giro...."
 La sera prima della partenza, ai bar del paese, alla Botteghina da Bruno e da Caccole sotto la pergolina, tutto era tranquillo; come se le chiacchiere dei giorni precedenti fossero state un allarmismo per gettare un po’ di scompiglio, tutto lì.
E allora, anche quella sera come d’abitudine, la solita partita a briscola e scopa e poco dopo le undici i gitanti a letto  e i bar sguarniti.
Zitti, zitti, il gruppo di sabotatori  intorno all’una, quando ormai tutto il paese dormiva, (a parte Pioviscolo il panaio,) si ritrova sotto i platani per mettere a punto il piano che solo in pochi conoscevano.
 Altro che secchiate d’acqua o scherzi al pullman; la magica idea era stata  quella di incatenare letteralmente le porte di casa dei gitanti più in vista. In una parola mettere “in prigione” a casa loro, il gruppo organizzativo.
 Furono allora sprangate con tanto di catene e lucchetti, la porta di casa di Vincenzino di Pipelli (Lisciolino), di Romeo il barbiere; si tentò di bloccare il Popi sulla via Nova, ma aveva troppe vie d’uscita e "n'andò bene". Furono però bloccati Mario di Brandino (il Vanni), Rampola e molti altri. Il Sega che era uno dei bersagli preferiti, ingaggiò in borgo dove stava, una battaglia dalle finestre a suon di secchi d’acqua e la spuntò. Una porta gli fu chiusa ma quella della saletta dove di solito faceva le prove dei vestiti (perché il Sega era un grande sarto), non capitolò, non avendo appigli dove agganciare la catena.
Il commando aveva a capo il mitico Saetta, figura eccentrica dell'epoca (si raccontava di lui che facesse i veglioni di capodanno alla Bussola: Un eroe) e con lui molti altri paesani. Giovani e meno giovani. Un bel gruppo organizzato.
Al mattino molti si ritrovarono prigionieri e furono liberati dopo varie peripezie; perché chi era stato incatenato era stato davvero messo in condizione di restare prigioniero, senza un robusto intervento esterno. La gita partì con un discreto ritardo e i sabotatori ottennero il risultato di aver scompaginato la compagnia e aver consegnato al paese materiale di discussione e divertimento per tutta l’estate.
Alfredo Anichini  detto Rampola, mitico maestro della banda, riuscì a venire fuori da casa sua passando stretto stretto fra porta e  catena che, ahimè, i sabotatori avevano messo troppo lenta, sottovalutando  il fisico minuto del maestro.
Insieme al Sega, Rampola fu uno di quelli che avvisò tutti dell’accaduto, aiutandoli ad "evadere" dalle case. Chi smontando la serratura, chi tagliando le catene; insomma ci volle un bel po' di lavoro.

La sera stessa sul tardi, mentre le famiglie aspettavano sotto i platani il ritorno dalla gita, al bar da Caccole   fu affidato il compito ad alcuni disegnatori ( mi pare  Azzolino e Pasqualino di Timpano) di riprodurre su un grande foglio da pacchi, un pullman e tutti i nomi degli incatenati, così per chiudere la giornata e prenderli per il culo fino alla fine.
Ma non bastava. Ci voleva una ciliegina, qualcosa di buffo…..
Farsi venire un’idea;  qualcuno azzardò-“Ci vorrebbe una poesia…!!!”
Allora il Fava che guardava seduto in un angolo ma conosceva bene tutta la storia, disse con la vociona cartavetrosa che si rimpastava-“ ci vuole una rima….. e va dedicata a Rampola che si incazza più di tutti. Alla VIS lo chiamavan veleno, me lo rio'ordo bene."
E la disse così al volo: -“ Scendevo le scale a gambe leste /quando ho trovato chiuse porte e finestre/ Ero in ritardo e preoccupato/ come una sogliola ci sono passato.”
Avevo 11 anni, ne sono passati ormai 42; ero lì aspettavo mio padre che tornasse dalle gita e mi sembra ieri.
Il raccontarello è dedicato a tutti i gitanti, agli incatenati, agli incatenatori al Pisa e a quella Molina mon amour delle meraviglie che ci ha svezzati…..