domenica 4 dicembre 2011

2 Raccontarello della Domenica: Catene.....


Estate 1969, l’Italia è nel pieno dell'onda lunga del sessantotto studentesco e in mezzo alle lotte operaie; quell’estate nasce la rivista del Manifesto , che poi diventerà quotidiano e ancora oggi resiste alle intemperie del terzo millennio.
Il Pisa Sporting Club è appena retrocesso in serie B dopo un campionato nella massima serie, a dire poco scabroso. Penultimo posto.
Il campionato per ironia della sorte lo vince la Fiorentina. La coppa dei campioni (si chiamava così) il Milan.
Di quell’annata calcistica nefasta ricordo solo due episodi interessanti; il primo un Pisa-Milan di Sabato sotto un acquazzone infernale con la sconfitta in casa per uno a zero e Manservizi che prende per il collo il grande Rivera;  il secondo episodio è il rigore parato da Annibale, il portiere del Pisa al grandissimo Gigi Riva detto Rombo di tuono e il pareggio per zero a zero che sembrò più di una vittoria. 
Tutto qui, la serie A era sdrucciolata via come l’acqua sugli impermeabili.
La campagna acquisti dell’estate '69 aveva però riacceso le speranze; l’imperativo della dirigenza era: “risalire subito” in serie A.
Anche a Molina l’attesa per la nuova squadra si era fatta febbrile. Nei bar non si parlava d’altro e anche da noi, come in molti altri paesi della provincia, era d’uso andare a trovare la squadra del cuore in ritiro. Una gita in pullman vera e propria  con mangiata  e cori sulla via del ritorno.
Quell’anno il Pisa aveva cambiato allenatore, al posto di Renato Lucchi era arrivato Lauro Toneatto; una carriera calcistica alle spalle non edificante ma con la fama di essere un duro dello spogliatoio.
“Riprendiamoci la serie A subito, perché Pisa  è una piazza che lo merita “. Toneatto si era presentato così….. E tutti avevano goduto.
L’allenatore portava le sue squadre in ritiro a Piancastagnaio sull’Amiata e anche quell’anno non aveva cambiato abitudine.
A Molina iniziarono i preparativi per la gita. Eravamo in pieno luglio, mese clou per la preparazione del campionato. Al bar era iniziato il tormentone sulla formazione che avrebbe affrontato il campionato e i nuovi giocatori che di lì a poco sarebbero stati visti in azione; discussione  che, come sempre, finiva per coinvolgere anche di chi lì per lì non era interessato al pallone. 
I tifosi più incalliti, oltre  a raccontare le gesta passate dei nuovi acquisti non finivano di magnificare la gita che avrebbero fatto di lì a poco e i luoghi del ritiro scelto dal Pisa, sul monte Amiata:- " terra di bellezza straordinaria e di ristoranti eccellenti."
"E poi il periodo" - dicevano- "in pieno solleone….perchè se piovesse di luglio…. allora fo’o."
Riassumendo: gita dei tifosi per andare a  trovare la squadra di pallone del cuore, in uno di mesi più belli dell’anno, con giornate lunghe e bel tempo, ribotta a tavola e mogli e fidanzate a casa….
In mezzo a questa aspettativa però era trapelata la notizia (ogni paese ha le sue gole profonde) che quell’anno un gruppo di birbanti paesani, rimuginava di combinare uno scherzo ai gitanti.
Ma cosa sarebbe potuto accadere nessuno lo immaginava.
La notizia sotto-sotto girava e la curiosità, mano a mano che si avvicinava la data della partenza, cresceva.
-“ Si dice che faranno un dispetto a quelli che vanno a vedè il ritiro del Pisa….”- era il ritornello.
-“Ma cosa potranno mai fare”-si chiedevano i gitanti, senza dare l’idea della preoccupazione- "sono solo le solite chiacchiere."
un possano mia rubà 'r purman, tuttarpiù  tireranno una secchiata
“E noi ci si ‘ambia la ‘amicia, si parte…. e  ni si va ner culo…”
E questo era il modo per reagire a un sospetto che i più scafati della compagnia  però, ritenevano possibile. Che qualche furbo “n’avrebbe fatto votà i coglioni” non era fuori dall'ordinanza.
I più vecchi seduti sugli scalini con l'atteggiamento solenne dei saggi, si divertivano a dire -“tanto un vi fanno partì, l’han giurato…. così si dice a giro...."
 La sera prima della partenza, ai bar del paese, alla Botteghina da Bruno e da Caccole sotto la pergolina, tutto era tranquillo; come se le chiacchiere dei giorni precedenti fossero state un allarmismo per gettare un po’ di scompiglio, tutto lì.
E allora, anche quella sera come d’abitudine, la solita partita a briscola e scopa e poco dopo le undici i gitanti a letto  e i bar sguarniti.
Zitti, zitti, il gruppo di sabotatori  intorno all’una, quando ormai tutto il paese dormiva, (a parte Pioviscolo il panaio,) si ritrova sotto i platani per mettere a punto il piano che solo in pochi conoscevano.
 Altro che secchiate d’acqua o scherzi al pullman; la magica idea era stata  quella di incatenare letteralmente le porte di casa dei gitanti più in vista. In una parola mettere “in prigione” a casa loro, il gruppo organizzativo.
 Furono allora sprangate con tanto di catene e lucchetti, la porta di casa di Vincenzino di Pipelli (Lisciolino), di Romeo il barbiere; si tentò di bloccare il Popi sulla via Nova, ma aveva troppe vie d’uscita e "n'andò bene". Furono però bloccati Mario di Brandino (il Vanni), Rampola e molti altri. Il Sega che era uno dei bersagli preferiti, ingaggiò in borgo dove stava, una battaglia dalle finestre a suon di secchi d’acqua e la spuntò. Una porta gli fu chiusa ma quella della saletta dove di solito faceva le prove dei vestiti (perché il Sega era un grande sarto), non capitolò, non avendo appigli dove agganciare la catena.
Il commando aveva a capo il mitico Saetta, figura eccentrica dell'epoca (si raccontava di lui che facesse i veglioni di capodanno alla Bussola: Un eroe) e con lui molti altri paesani. Giovani e meno giovani. Un bel gruppo organizzato.
Al mattino molti si ritrovarono prigionieri e furono liberati dopo varie peripezie; perché chi era stato incatenato era stato davvero messo in condizione di restare prigioniero, senza un robusto intervento esterno. La gita partì con un discreto ritardo e i sabotatori ottennero il risultato di aver scompaginato la compagnia e aver consegnato al paese materiale di discussione e divertimento per tutta l’estate.
Alfredo Anichini  detto Rampola, mitico maestro della banda, riuscì a venire fuori da casa sua passando stretto stretto fra porta e  catena che, ahimè, i sabotatori avevano messo troppo lenta, sottovalutando  il fisico minuto del maestro.
Insieme al Sega, Rampola fu uno di quelli che avvisò tutti dell’accaduto, aiutandoli ad "evadere" dalle case. Chi smontando la serratura, chi tagliando le catene; insomma ci volle un bel po' di lavoro.

La sera stessa sul tardi, mentre le famiglie aspettavano sotto i platani il ritorno dalla gita, al bar da Caccole   fu affidato il compito ad alcuni disegnatori ( mi pare  Azzolino e Pasqualino di Timpano) di riprodurre su un grande foglio da pacchi, un pullman e tutti i nomi degli incatenati, così per chiudere la giornata e prenderli per il culo fino alla fine.
Ma non bastava. Ci voleva una ciliegina, qualcosa di buffo…..
Farsi venire un’idea;  qualcuno azzardò-“Ci vorrebbe una poesia…!!!”
Allora il Fava che guardava seduto in un angolo ma conosceva bene tutta la storia, disse con la vociona cartavetrosa che si rimpastava-“ ci vuole una rima….. e va dedicata a Rampola che si incazza più di tutti. Alla VIS lo chiamavan veleno, me lo rio'ordo bene."
E la disse così al volo: -“ Scendevo le scale a gambe leste /quando ho trovato chiuse porte e finestre/ Ero in ritardo e preoccupato/ come una sogliola ci sono passato.”
Avevo 11 anni, ne sono passati ormai 42; ero lì aspettavo mio padre che tornasse dalle gita e mi sembra ieri.
Il raccontarello è dedicato a tutti i gitanti, agli incatenati, agli incatenatori al Pisa e a quella Molina mon amour delle meraviglie che ci ha svezzati…..

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