Una mia amica carissima, di cui non il dico il nome, che abita sulla via dei Molini, (la mamma ha fatto per anni la parrucchiera, il marito è un inglese e il nonno era napoletano e faceva i fuochi d'artificio a Molina tanti anni fa), mi ha inviato questa foto dall'alto, che vale la pena di condividere.
domenica 19 febbraio 2012
9 Raccontarello della Domenica: il Sodini
Giacomo Sodini, detto il Saracino, classe 1940.
Abitava sulla via dei Molini. Fratello più grande di Francesco, e Giorgetto.
Barman eccellente, ma saltuario e incostante; figura indimenticabile del paese, nel bene e nel male.
Bevitore sregolato e dissipatore di vita.
E' noto per una serie di accadimenti rimasti nella storia del paese. La gara con Tommaso Agricola,
al bar dall'Omone, a chi beveva più vino. Una storia che ancora oggi in molti ricordano. Vinse Tommaso, che però fu accompagnto al fosso, dove abitava, in macchina, perchè impossibilitato a muoversi, dalla sbornia presa; mentre il Saracino perdente, raggiunse casa sua, sotto le Buette dopo il primo "arco", gattonando, ma da solo.Cosa di cui si è sempre vantato, ogni volta che la gara veniva ricordata.
O la storia della fidanzata romana "sottomessa", che lui salutava con due schiaffi appena gli apriva la porta di casa a Roma. E tutti con la bocca spalancata a sentirlo, consapevoli che stava certo raccontando bugie, ma che incantavano i giovani e meno giovani provinciali del paese; certo storie che si facevano ridire volentieri, in qualunque negozio del paese.
E la famosa battuta a una ragazza procace di Metato con seno generoso, che non conosceva, che trovatasela davanti una sera ad una festa, (dove era stato portato dopo che la moglie l'aveva abbandonato per l'ennesima volta), gli fece esclamare deciso:- "Bimba io a petto a te, non conto nulla."E "a petto a te" è rimasta la battuta, nella mente di chiunque, da quella volta in poi, abbia incontrato una puppona. O quando si presentò al bar da Caccole con il biglietto da visita con su scritto "Giacomo Sodini, maestro di boccette e biliardo". E il Fava che fu il primo a riceverlo il biglietto, a colpirsi la testa a manate e a urlare che " quel brodo, non era nemmeno uno studente del gioco del biliardo". E aveva ragione, perchè il professore vero era lui, Piero Roventini detto il Fava, che però del Sodini Giacomo detto il Saracino temeva l'estro e il colpo di genio, soprattutto a boccine al punto e senza birilli.
O la pagina poco edificante di quando infastidiva Timpano chiamandolo colonnello. Brutta pagina quella. E Pasqualino lo prese per il collo e "manca poo" lo strozza.
Oppure sempre col Fava, quando l'accompagnava a fare l'aerosol; perchè Piero Roventini detto il Fava, doveva ammansire la voce cartavetrosa e per questo il dottore gli aveva ordinato trattamenti alla gola; e il Sodini, che l'accompagnava per diletto ogni mattina all'ospedale perchè disoccupato, raccontava che fra prima e dopo la terapia, bevevano una decina, fra ponci e cognac e china.
E l'areosol non aveva l'effetto sperato. E il dottore non si capacitava....Chissà perchè.
O quando tornato da Lisbona, dopo aver accompagnato la fidanzata portoghese più vecchia di lui e poi sposata, raccontava che quella città sì, che era un posto eccellente, perchè c'erano centinaia di bar e per non essere considerati "briai" bastava bere una sola volta in dieci bar diversi; mentre a Molina bastava bere tre volte un vino da Bruno e venivi timbrato come alcolizzato. "Per questo amava le grandi città." E mentre lo diceva sembrava davvero un uomo di mondo che sapeva fare quello che aveva girato.
Il Sodini aveva appunto sposato una signora portoghese: Maria. Secca come un chiodo, i ragazzi la chiamavano" l'osso del volante". (Gli ossi del volante a Molina erano due, lei e il Soldi.) Il soprannome l'aveva timbrato Simone. Come Giacomo l'avesse trovata non si è mai saputo, ma il ragazzo nel settore tardone, aveva risorse infinite. Maria era una donna intelligente, che fortunatamente all'inizio del matrimonio l'aveva rimesso al mondo. Insieme avevano preso in gestione il circolo Acli in piazza di sopra. E il circolo aveva preso a funzionare; non solo luogo di tombola, quale era sempre stato, ma bar alla grande, con chiusure a tardissima notte e bisca finale. Maria spesso faceva anche da mangiare, soprattuto la paiella. Tutti chiamavano Maria, "la Spagnola"; questo trasse in inganno alcuni giovani, che la avvicinarono per fargli correggere alcuni esercizi, appunto di spagnolo, che avevano preparato come prova per l'esame all'università. La signora segnò tutto di rosso e i giovani entrarono nel panico, mancando pochissimi girni all'esame.In realtà la serenità tornò, quando fu scoperto che la spagnola era di Lisbona e aveva corretto i compiti come se fosse lingua portoghese, che non è proprio uguale allo spagnolo.
Comunque Maria, per i molinesi, rimase la Spagnola per sempre e solo se chiamata così, veniva riconosciuta.
Giacomo ogni tanto a tarda notte, nel periodo della gestione del circolo Acli, dopo aver bevuto, perdeva le staffe e litigava con tutti ma soprattutto con la moglie, che era veramente tosta e "gliele levava dalle mani"; lui almeno si giustificava così ogni volta che accadeva, dopo aver bevuto e fatto cazzate varie. Spesso dopo averla stintignata, diceva a chi lo brontolava , che era lei che"chiedeva il visone" in continuazione e lui la prendeva a schiaffi per accontentarla.
Una sera cominciò a rincorrerla intorno alla colonna, che c'era in mezzo alla stanza del circolo. Chi non la ricorda. Lo scatto d'isteria del Sodini, fu così veloce che tutti furono colti di sorpresa. La sventurata cercava di sfuggire alla botte che stavano pe arivare, girando intorno alla colonna a gran velocità. A un certo punto il grande Nicchio, uomo dalla battuta unica e fulminante, seduto in un angolo, disse d'un fiato: -"Sodini fermati un la chiappi più, lo vedi che ha tre giri di vantaggio." E bloccato di forza dai più coraggiosi, fu rabbonito con una risata generale.
Ma la battuta più bella, quella che chi è un po' più anziano ricorda, fu fatta in un'estate caldissima. C'era l'Omone allora al bar di Pasquale; l'aveva rilevato da Caccole. L'Omone era un barrista indolente, il barrista più vagabondo di tutta la storia dei bar di Molina. Una leggenda. Non ne voleva sapere di servire ai tavoli, soprattutto perchè ogni volta doveva attraversare la strada e questo lo faceva diventare matto, anche perchè in molti si divertivano a chiamarlo solo per farlo incazzare .
Quel giorno, il Sodini dall'altro lato della strada, sotto la pergolina, urlava con insistenza a squarciagola:- Omoneeeeeee... Omoneeeeee.......!!!
L'Omone immaginava che lo stesse prendendo per il culo,come faceva spesso, ma per farlo smettere di urlare, visto che lo sentiva tutto il paese ed erano le due del pomeriggio, strascicandosi nel caldo infernale, si affacciò sulla porta e disse:- cosa vuoi rompicoglioni???
E il Sodini sempre urlando:- "Ce l'hai il caffè freddo?" L'Omone, a quella domanda, si sentì rasserenato e rispondendo con garbo, cosa che non faceva mai, disse:- Sì che ce l'ho , lo vuoi???
E il Saracino rispose-: Certamente, scaldamene una tazzina... ...........
Questo era Giacomo Sodini, il non senso al potere, la cazzata all'ordine del giorno. Tutto e niente, ma certo non uno che passava inosservato.
Un bel giono Maria la Spagnola riuscì a convincerlo che sarebbero andati ad abitare a Lisbona e lui parecchio provato fisicamente, acconsentì. Da lì non è più tornato. Le notizie parlavano che fosse morto, laggiù.
Speriamo che se la sia bevuta tutta Lisbona, "bar per bar", come a lui piaceva fare con la vita.
gs
Abitava sulla via dei Molini. Fratello più grande di Francesco, e Giorgetto.
Barman eccellente, ma saltuario e incostante; figura indimenticabile del paese, nel bene e nel male.
Bevitore sregolato e dissipatore di vita.
E' noto per una serie di accadimenti rimasti nella storia del paese. La gara con Tommaso Agricola,
al bar dall'Omone, a chi beveva più vino. Una storia che ancora oggi in molti ricordano. Vinse Tommaso, che però fu accompagnto al fosso, dove abitava, in macchina, perchè impossibilitato a muoversi, dalla sbornia presa; mentre il Saracino perdente, raggiunse casa sua, sotto le Buette dopo il primo "arco", gattonando, ma da solo.Cosa di cui si è sempre vantato, ogni volta che la gara veniva ricordata.
O la storia della fidanzata romana "sottomessa", che lui salutava con due schiaffi appena gli apriva la porta di casa a Roma. E tutti con la bocca spalancata a sentirlo, consapevoli che stava certo raccontando bugie, ma che incantavano i giovani e meno giovani provinciali del paese; certo storie che si facevano ridire volentieri, in qualunque negozio del paese.
E la famosa battuta a una ragazza procace di Metato con seno generoso, che non conosceva, che trovatasela davanti una sera ad una festa, (dove era stato portato dopo che la moglie l'aveva abbandonato per l'ennesima volta), gli fece esclamare deciso:- "Bimba io a petto a te, non conto nulla."E "a petto a te" è rimasta la battuta, nella mente di chiunque, da quella volta in poi, abbia incontrato una puppona. O quando si presentò al bar da Caccole con il biglietto da visita con su scritto "Giacomo Sodini, maestro di boccette e biliardo". E il Fava che fu il primo a riceverlo il biglietto, a colpirsi la testa a manate e a urlare che " quel brodo, non era nemmeno uno studente del gioco del biliardo". E aveva ragione, perchè il professore vero era lui, Piero Roventini detto il Fava, che però del Sodini Giacomo detto il Saracino temeva l'estro e il colpo di genio, soprattutto a boccine al punto e senza birilli.
O la pagina poco edificante di quando infastidiva Timpano chiamandolo colonnello. Brutta pagina quella. E Pasqualino lo prese per il collo e "manca poo" lo strozza.
Oppure sempre col Fava, quando l'accompagnava a fare l'aerosol; perchè Piero Roventini detto il Fava, doveva ammansire la voce cartavetrosa e per questo il dottore gli aveva ordinato trattamenti alla gola; e il Sodini, che l'accompagnava per diletto ogni mattina all'ospedale perchè disoccupato, raccontava che fra prima e dopo la terapia, bevevano una decina, fra ponci e cognac e china.
E l'areosol non aveva l'effetto sperato. E il dottore non si capacitava....Chissà perchè.
O quando tornato da Lisbona, dopo aver accompagnato la fidanzata portoghese più vecchia di lui e poi sposata, raccontava che quella città sì, che era un posto eccellente, perchè c'erano centinaia di bar e per non essere considerati "briai" bastava bere una sola volta in dieci bar diversi; mentre a Molina bastava bere tre volte un vino da Bruno e venivi timbrato come alcolizzato. "Per questo amava le grandi città." E mentre lo diceva sembrava davvero un uomo di mondo che sapeva fare quello che aveva girato.
Il Sodini aveva appunto sposato una signora portoghese: Maria. Secca come un chiodo, i ragazzi la chiamavano" l'osso del volante". (Gli ossi del volante a Molina erano due, lei e il Soldi.) Il soprannome l'aveva timbrato Simone. Come Giacomo l'avesse trovata non si è mai saputo, ma il ragazzo nel settore tardone, aveva risorse infinite. Maria era una donna intelligente, che fortunatamente all'inizio del matrimonio l'aveva rimesso al mondo. Insieme avevano preso in gestione il circolo Acli in piazza di sopra. E il circolo aveva preso a funzionare; non solo luogo di tombola, quale era sempre stato, ma bar alla grande, con chiusure a tardissima notte e bisca finale. Maria spesso faceva anche da mangiare, soprattuto la paiella. Tutti chiamavano Maria, "la Spagnola"; questo trasse in inganno alcuni giovani, che la avvicinarono per fargli correggere alcuni esercizi, appunto di spagnolo, che avevano preparato come prova per l'esame all'università. La signora segnò tutto di rosso e i giovani entrarono nel panico, mancando pochissimi girni all'esame.In realtà la serenità tornò, quando fu scoperto che la spagnola era di Lisbona e aveva corretto i compiti come se fosse lingua portoghese, che non è proprio uguale allo spagnolo.
Comunque Maria, per i molinesi, rimase la Spagnola per sempre e solo se chiamata così, veniva riconosciuta.
Giacomo ogni tanto a tarda notte, nel periodo della gestione del circolo Acli, dopo aver bevuto, perdeva le staffe e litigava con tutti ma soprattutto con la moglie, che era veramente tosta e "gliele levava dalle mani"; lui almeno si giustificava così ogni volta che accadeva, dopo aver bevuto e fatto cazzate varie. Spesso dopo averla stintignata, diceva a chi lo brontolava , che era lei che"chiedeva il visone" in continuazione e lui la prendeva a schiaffi per accontentarla.
Una sera cominciò a rincorrerla intorno alla colonna, che c'era in mezzo alla stanza del circolo. Chi non la ricorda. Lo scatto d'isteria del Sodini, fu così veloce che tutti furono colti di sorpresa. La sventurata cercava di sfuggire alla botte che stavano pe arivare, girando intorno alla colonna a gran velocità. A un certo punto il grande Nicchio, uomo dalla battuta unica e fulminante, seduto in un angolo, disse d'un fiato: -"Sodini fermati un la chiappi più, lo vedi che ha tre giri di vantaggio." E bloccato di forza dai più coraggiosi, fu rabbonito con una risata generale.
Ma la battuta più bella, quella che chi è un po' più anziano ricorda, fu fatta in un'estate caldissima. C'era l'Omone allora al bar di Pasquale; l'aveva rilevato da Caccole. L'Omone era un barrista indolente, il barrista più vagabondo di tutta la storia dei bar di Molina. Una leggenda. Non ne voleva sapere di servire ai tavoli, soprattutto perchè ogni volta doveva attraversare la strada e questo lo faceva diventare matto, anche perchè in molti si divertivano a chiamarlo solo per farlo incazzare .
Quel giorno, il Sodini dall'altro lato della strada, sotto la pergolina, urlava con insistenza a squarciagola:- Omoneeeeeee... Omoneeeeee.......!!!
L'Omone immaginava che lo stesse prendendo per il culo,come faceva spesso, ma per farlo smettere di urlare, visto che lo sentiva tutto il paese ed erano le due del pomeriggio, strascicandosi nel caldo infernale, si affacciò sulla porta e disse:- cosa vuoi rompicoglioni???
E il Sodini sempre urlando:- "Ce l'hai il caffè freddo?" L'Omone, a quella domanda, si sentì rasserenato e rispondendo con garbo, cosa che non faceva mai, disse:- Sì che ce l'ho , lo vuoi???
E il Saracino rispose-: Certamente, scaldamene una tazzina... ...........
Questo era Giacomo Sodini, il non senso al potere, la cazzata all'ordine del giorno. Tutto e niente, ma certo non uno che passava inosservato.
Un bel giono Maria la Spagnola riuscì a convincerlo che sarebbero andati ad abitare a Lisbona e lui parecchio provato fisicamente, acconsentì. Da lì non è più tornato. Le notizie parlavano che fosse morto, laggiù.
Speriamo che se la sia bevuta tutta Lisbona, "bar per bar", come a lui piaceva fare con la vita.
gs
domenica 12 febbraio 2012
8 Raccontarello della Domenica: TELENONI
Riccardo Della Croce, detto il Noni.
Per molti la febbre, ma solo quando veniva ricordato in coppia col suo "principale", Antonio Paolini figlio di Omero, detto il sonno.
"Il sonno e la febbre"sono stati per anni un marchio di garanzia a Molina e nei paesi vicini.
Antonio Paolini è il titolare di una ditta che vende televisioni. Un tempo nelle case dei molinesi era possibile trovare un calendario, simile a quelli che danno le banche, con in fondo scritto il suo nome. Il Noni è stato per una vita, suo lavorante, soprattutto installatore geniale, capace di marchingegni unici e rudimentali.
Oggi il Noni non c'è più.
Antonio era soprannominato il sonno per il suo fare lento, calmo e sonnolento appunto. Pareva non prendersela mai. Smaltiva, allora, i clienti davanti all'uscio del negozio, intenti a chiedere spiegazioni sui guasti dei loro televisori, con calma olimpica. Un soggetto sicuramente da studiare per la classe con cui superava le difficoltà. E' rimasta celebre in paese, la volta che in casa del Cola, sopra il suo negozio, mentre accomadava il televisore, abbia detto di scendere un attimo a prendere un cacciavite che non aveva con sè. Alle nove la sera la Anna, moglie del Cola, con la televisione smontata sulla tavola della cucina, non potendo apparecchiare per la cena, scese le scale per capire come mai il sonno non fosse ancora tornato; Omero suo padre, con rassegnazione, fu costretto ad ammettere che Antonio a quell'ora era in viaggio per la Russia, dove sarebbe tornato con una ragazza che in seguito avrebbe sposato.Il sonno era così, unico.
La febbre invece veniva chiamata così, perchè da ragazzo era stato parecchio cagionevole di salute e i paesi si sa certe cose te le ricordano tutta la vita, semmai uno provasse a scordarsi un passato non proprio felicissimo. Ma così è e così sempre sarà.
Per i più intimi però Riccardo era il Noni.
Figlio di Velio detto il Matto e della Pierina, la sorella di Enzino l'imbianchino e per parte di babbo anche sorella di Pioviscolo. Noni aveva una sorella, la Nadia che ha lasciato Molina da giovane perchè si è sposata presto.
Il Noni è stato fidanzato con una ragazza di Pontasserchio per più di vent'anni; tutti si chiedevano ( senza farsi gli affari suoi) perchè non si sposasse ( saranno stati affari suoi) e poi si è lasciato in vecchiaia. Aveva allora una A-112 super accessoriata.
Abitava in villa Annamaria, insieme a molte altre famiglie. Nell'ultima fase della sua vita, quando la villa è stata venduta, è andato ad abitare a Montecarlo di Lucca, per amore ( in paese dicevano che s'era appaiato con una di Lucca e aveva fatto bene), continuando a fare lavoretti a Molina e nelle zone vicine. In vechiaia aveva scoperto il ruolo di pendolare.
Fin da giovane era stato curioso del suo lavoro. Ha sperimentato in anteprima, tutte le tecnologie radio-televisive possibili.
Era anche un grande cultore di film pornografici. Ne aveva centinaia. Quasi tutti registrati sulle tv locali, che a quei tempi ne abusavano la programmazione copiosamente. Ma li importava anche dall'estero. Era un "intenditore" e conosceva benissimo le gesta di tutte le porno star, che all'epoca erano sulle cronache dei giornali nazionali: Ilona Staller ( che addirittura i Radicali di Pannella fecero eleggere in Parlamento), la mitica Moana Pozzi, e la ex moglie del giornalista Rai Paolo Frajese, di nome Marina, ed altre ancora; spesso i giovani del paese, andavano a trovarlo all'ultimo piano in villa, per vedere le novità sulla piazza. Era un teorico dell'uso della moviola, che a quel tempo si affacciava negli strumenti tecnologici.
Fino ad allora l'unica moviola conosciuta era quella della Domenica Sportiva e allargare la tecnologia dal pallone "al cinema" anche se non d'autore, era diventato per tutti quelli che lo frequentavano, un divertimento fuori dalle regole.
Un giorno fece sapere che aveva messo a punto un aggeggio che avrebbe potuto trasmettere sulle televisioni di casa. Il marchingegno operava in un raggio di 7 - 800 metri, al max un chilometro; ma da villa Annamaria dove abitava il Noni, il raggio d'azione prendeva quasi l'intero paese.
Le richieste più interessanti furono quelle di programmare per metà settimana un film porno che avrebbe potuto vedere tutto il paese; altre richieste di una televisione più "culturale" caddero immediatamente nel vuoto. La maggioranza aveva le idee chiare, il porno a tarda notte. Non che le tv non dessero i film scollacciati, eravamo nel pieno della deregulation, ma l'idea di farne vedere uno a tutta Molina a un'ora precisa, entusiasmava particolarmente il Noni e fece subito molti tifosi.
Partì allora il progetto. Chi avesse voluto ricevere il segnale, avrebbe dovuto installare sulla propria antenna di casa, un'altra antenna orizzontale bianca. Un baffo bianco, così chiamava il Noni l'antenna e mettere in casa anche un piccolo ricevitore. Le richieste non si fecero mancare e il Noni installò e installò; e in men che non si dica, molte antenne del paese assunsero la fisionomia austera di un signore coi baffi bianchi. Era nata TELENONI. Unica tv del paese, mai ripetuta.
L'antenna veniva ordinata, il Noni andava e montava. Nessuno domandava e lui montava. A chi chiedeva, tipo qualche mamma o moglie curiosa, veniva detto che era per ricevere meglio il segnale di Rai Tre, che come si sapeva e si vedeva, sottomonte non era eccellente. Del resto negli anni sessanta avevamo visto in ritardo anche il secondo canale.
Poi nella bacheca del bar di Bruno, veniva messo l'avviso del giorno e dell'ora della messa in onda del film; senza spiegare altro, ma chi doveva sapere capiva. L'unica regola da rispettere era quella obbligatoria di trasmettere sempre dopo mezzanotte, quando i bimbi erano nel quarto sonno.
Perchè questa era una storia solo per grandi e vaccinati. E la bellezza stava nella discussione prima e nel commento dopo; e nell'attesa la sera dell'evento, spesso davanti a una pizza alla tavolaccia di Rigoli o addirittura con la schiacciata al forno di Pioviscolo.
Appunto, Ernesto Petri il panaio, Pioviscolo.
Che fosse un cultore della topa, lo sapeva anche l'Ogarita, la su' moglie, perchè glielo diceva spesso anche lui, scherzando, ma glielo diceva.
Aveva installato l'antenna fra i primi, e ogni settimana aspettava la proiezione serenamente.
Pioviscolo avendo fatto una vita il pane, era un uomo abituato da sempre a vivere di notte e passati gli anni, dopo aver fatto la prima infornata aiutato dal suo giovane nipote Leo e l'Ogarita appunto, aspettava in poltrona sotto la copertina davanti alla tv, l'arrivo dei figli Gigi e Lino, che dalle due in poi prendevano in mano la conduzione del forno.
Da tempo girava voce che il Noni voleva fare uno scherzo a Pioviscolo. Proiettere qualcosa di strano. Ma non la diceva tutta e ridacchiava come faceva spesso sotto i baffetti. HI HI HI .....!!!
Chi non lo ricorda.
Un bel giorno comunicò ai più intimi, che lo scherzo sarebbe stato fatto e cosa aveva in mente; e spiegò che era riuscito a trovare il film che voleva proiettare, raccontando tutti i particolari, in un crescendo di gesti buffissimi.
Quella notte, su Telenoni a Molina di Quosa, sarebbe andato in onda un film porno sui gay.
Lungo il giusto, con tanto di trama, attori noti e acrobazie sessuali.
Piovi non si aspettava tutto questo e non aveva certo gli strumenti per solidarizzare con la "categoria" gay o capirne le ragioni. Anzi non immaginava nemmeno che potessero esserci in giro film del genere (come se gli altri fossero perle)...
Seduto in poltrona in attesa, dopo la sigla, vide apparire due uomini che senza tanti equivoci si apprestavano ad avere un rapporto sessuale.
Il panaio sbiancò di colpo e giratosi di scatto verso Leo, suo nipote, che come lui aspettava il film, gli disse:- "Prendi l'elenco telefonico e fammi il numero del Noni". Poi urlando nella cornetta esclamò deciso:-"Popò di "manfruito" che "un" sei altro, leva subito quel troiaio di lì o chiamo i carabinieri!!!"
E come d'incanto il video scomparve. Noni se la rideva come un pazzo e con lui quelli che aspettavano la reazione.
Il giorno dopo, il gioco fu andare a turno al forno a chiedere come fosse stato il film la sera prima.
E a tutti fu data la stessa risposta decisa. " Se lo rifà lo denuncio...."!!!"Perchè per Piovi, il Noni aveva commesso un reato e grosso.
E se ora, dopo tanto tempo passato, Piovi e Noni fossero alla televisione da qualche parte insieme, secondo voi cosa staranno guardando?
Speriamo che si divertano come allora.
gs
giovedì 9 febbraio 2012
Verso sera, prima della cena...
... capita di bere vino buono con amici e ricordare storie da scrivere.
Passate a Molina, da questo luogo semplice ma delicato. Bevete, dite la vostra se avete da dire, oppure ascoltate semplicemente. Può bastare.
Non fate caso ai proprietari, sono persone per bene...
Garantisco io...
...li ho visti crescere.
Passate a Molina, da questo luogo semplice ma delicato. Bevete, dite la vostra se avete da dire, oppure ascoltate semplicemente. Può bastare.
Non fate caso ai proprietari, sono persone per bene...
Garantisco io...
...li ho visti crescere.
lunedì 6 febbraio 2012
7 Raccontarello della domenica: " Allunga, allunga....."
Questa è una storia eterna, che ho sentito raccontare da quando ero un ragazzetto.
Francesco e Renzo Osselli sono due fratelli molinesi. Il primo classe 1942 ora abita a Lucca, il secondo 1945, ha fatto per una vita il muratore, prima di andare in pensione serenamente. Continua ad abitare a Molina ed è uno degli animatori con Angiolino e molti altri, del Circolo in piazza di sopra.
Ceccarone (Francesco) e Baldoria (Renzo) sono i loro soprannomi e difficilmente li senti chiamare col nome di battesimo.Figli di Dolfo, detto Pellanciola, uomo di monte, che aveva fatto il partigiano ( la leggenda narra che nel dopoguerra sparasse ai fagiani col mitra) e non aveva mai avuto paura di nessuno; aveva insegnato ai figli ad essere tali a lui, soprattutto a non subire soprusi.
All'epoca lavoravano tutti sul monte e nel tempo libero bazzicavano il bar da Ciapino.
Ceccarone e Baldoria erano e due ragazzi forti ed esuberanti.
L'altro protagonista della storia e Sauro Alderigi detto Saurino, anche lui montagnolo.
Siamo a metà degli anni cinquanta; Ceccarone ha circa 15 anni, Baldoria e Saurino anche meno...
Sono al bar di Ciapino. Il bar e la bottega di alimentari a Ciapino hanno una storia antica così come il ristorante di Santi, al piano superiore, ormai purtroppo chiuso.
La vicenda accadde nel mese di Agosto, il giorno prima dell'apertura della caccia. Nel bar non c'è nessun adulto perchè tutti sono già in batteria per la cacciata. Nella terza domenica di Agosto, fino a pochi anni fa, si apriva la caccia alle tortore e a qualche altra selvaggina che non ricordo, la lepre forse.
Nel bar a Ciapino ci sono solo i ragazzi che ancora non hanno il porto d'armi e Ceccarone, Baldoria e Sauro sono fra questi. Il porto d'armi si prendeva allora a sedici anni; loro hanno la caccia nel sangue, ma non ancora l'età; per questo, quel giorno sono a casa. Nel bar, insieme a loro che ciondolano, c'erano dietro il banco la Zaira, moglie del Bazzino e Carubo lo zio . Un uomo anziano che faceva lavoretti come infiascare il vino e rifornire la bottega. Ad un cert'ora arriva una squadra di nozzanesi, cinque o sei; prepotenti e conosciuti da tutti come attaccabrighe, appunto "la ghenga dei nozzanesi". I giovinastri, più grandi dei ragazzi del luogo, che sono nel bar, hanno buon gioco nel fare i prepotenti tentando di intimidirli; gli uomini sono tutti a caccia e nessuno può abbonirli. Uno di loro ad un certo punto dice con cattiveria-" Se non state tutti zitti e buoni,- perchè qualcuno aveva inteso di protestare contro quegli atteggiamenti smodati - si rade al suolo questo paese" come nei film western. E per dimostrare che non scherzano, tirano a "scialbo" un caffè nel muro, imbrattando tutto. Carubo, anche se anziano, non accettava soprusi, era un uomo all'antica e a Ciapino mai nessuno si era permesso di venire a dettare legge. Infuriato ma accorto, gira da dietro il banco e va in un'altra stanza a prendere il maccheronaio di faggio con l'intento di fare giustizia. Il maccheronaio era un grosso mattarello che serviva per tirare la pasta dei tordelli. Ceccarone lo vede e si fa dare zitto zitto lo "strumento", che nasconde con una mano dietro la schiena. Poi veloce raggiunge quello che sembra essere il capo e in un battibaleno lo colpisce secco nella testa, quindi lascia andare qualche colpo anche agli altri. Uno addirittura lo "brezza" di sfioro in un orecchio. Colti di sorpresa i prepotentoni fuggono via. Uno dei malcapitati che aveva ricevuto il colpo più deciso degli altri, tenta come tutti la fuga dal terrazzino del bar, arrancando stordito dalla botta, proteso col corpo in avanti. A quel punto Saurino seduto in un angolo accanto a Baldoria ripresosi dalla paura e rinfrancato dal gesto liberatorio di Ceccarone, esclamò la frase famosa che è rimasta nella storia di Ciapino e di Molina da ormai più di cinquantanni; l'esclamazione è quella che si dice, nel gergo dei cacciatori, quando si colpisce un tordo "mezzo e mezzo" e questi prosegue la sua corsa in avanti, prima di cadere:-"Allunga allunga ... ma casca!"E infatti l'uomo aveva fatto trovare fine alla sua fuga impacciata , cadendo in mezzo alla strada sotto le scalette, svenuto per il colpo preso.
Il maccheronaio è rimasto attaccato al muro del bar, in bella vista, per parecchio tempo, schiappato dal colpo. Un cimelio e un monito....Perchè a Ciapino non si scherza col fuoco.
Un saluto a Ceccarone, Sauro e a Baldoria; è quest'ultimo, Renzo Osselli, che mi ha aiutato a ricordare la storia, un pomeriggio freddo dopo la neve, al circolino dell'Arci.
Francesco e Renzo Osselli sono due fratelli molinesi. Il primo classe 1942 ora abita a Lucca, il secondo 1945, ha fatto per una vita il muratore, prima di andare in pensione serenamente. Continua ad abitare a Molina ed è uno degli animatori con Angiolino e molti altri, del Circolo in piazza di sopra.
Ceccarone (Francesco) e Baldoria (Renzo) sono i loro soprannomi e difficilmente li senti chiamare col nome di battesimo.Figli di Dolfo, detto Pellanciola, uomo di monte, che aveva fatto il partigiano ( la leggenda narra che nel dopoguerra sparasse ai fagiani col mitra) e non aveva mai avuto paura di nessuno; aveva insegnato ai figli ad essere tali a lui, soprattutto a non subire soprusi.
All'epoca lavoravano tutti sul monte e nel tempo libero bazzicavano il bar da Ciapino.
Ceccarone e Baldoria erano e due ragazzi forti ed esuberanti.
L'altro protagonista della storia e Sauro Alderigi detto Saurino, anche lui montagnolo.
Siamo a metà degli anni cinquanta; Ceccarone ha circa 15 anni, Baldoria e Saurino anche meno...
Sono al bar di Ciapino. Il bar e la bottega di alimentari a Ciapino hanno una storia antica così come il ristorante di Santi, al piano superiore, ormai purtroppo chiuso.
La vicenda accadde nel mese di Agosto, il giorno prima dell'apertura della caccia. Nel bar non c'è nessun adulto perchè tutti sono già in batteria per la cacciata. Nella terza domenica di Agosto, fino a pochi anni fa, si apriva la caccia alle tortore e a qualche altra selvaggina che non ricordo, la lepre forse.
Nel bar a Ciapino ci sono solo i ragazzi che ancora non hanno il porto d'armi e Ceccarone, Baldoria e Sauro sono fra questi. Il porto d'armi si prendeva allora a sedici anni; loro hanno la caccia nel sangue, ma non ancora l'età; per questo, quel giorno sono a casa. Nel bar, insieme a loro che ciondolano, c'erano dietro il banco la Zaira, moglie del Bazzino e Carubo lo zio . Un uomo anziano che faceva lavoretti come infiascare il vino e rifornire la bottega. Ad un cert'ora arriva una squadra di nozzanesi, cinque o sei; prepotenti e conosciuti da tutti come attaccabrighe, appunto "la ghenga dei nozzanesi". I giovinastri, più grandi dei ragazzi del luogo, che sono nel bar, hanno buon gioco nel fare i prepotenti tentando di intimidirli; gli uomini sono tutti a caccia e nessuno può abbonirli. Uno di loro ad un certo punto dice con cattiveria-" Se non state tutti zitti e buoni,- perchè qualcuno aveva inteso di protestare contro quegli atteggiamenti smodati - si rade al suolo questo paese" come nei film western. E per dimostrare che non scherzano, tirano a "scialbo" un caffè nel muro, imbrattando tutto. Carubo, anche se anziano, non accettava soprusi, era un uomo all'antica e a Ciapino mai nessuno si era permesso di venire a dettare legge. Infuriato ma accorto, gira da dietro il banco e va in un'altra stanza a prendere il maccheronaio di faggio con l'intento di fare giustizia. Il maccheronaio era un grosso mattarello che serviva per tirare la pasta dei tordelli. Ceccarone lo vede e si fa dare zitto zitto lo "strumento", che nasconde con una mano dietro la schiena. Poi veloce raggiunge quello che sembra essere il capo e in un battibaleno lo colpisce secco nella testa, quindi lascia andare qualche colpo anche agli altri. Uno addirittura lo "brezza" di sfioro in un orecchio. Colti di sorpresa i prepotentoni fuggono via. Uno dei malcapitati che aveva ricevuto il colpo più deciso degli altri, tenta come tutti la fuga dal terrazzino del bar, arrancando stordito dalla botta, proteso col corpo in avanti. A quel punto Saurino seduto in un angolo accanto a Baldoria ripresosi dalla paura e rinfrancato dal gesto liberatorio di Ceccarone, esclamò la frase famosa che è rimasta nella storia di Ciapino e di Molina da ormai più di cinquantanni; l'esclamazione è quella che si dice, nel gergo dei cacciatori, quando si colpisce un tordo "mezzo e mezzo" e questi prosegue la sua corsa in avanti, prima di cadere:-"Allunga allunga ... ma casca!"E infatti l'uomo aveva fatto trovare fine alla sua fuga impacciata , cadendo in mezzo alla strada sotto le scalette, svenuto per il colpo preso.
Il maccheronaio è rimasto attaccato al muro del bar, in bella vista, per parecchio tempo, schiappato dal colpo. Un cimelio e un monito....Perchè a Ciapino non si scherza col fuoco.
Un saluto a Ceccarone, Sauro e a Baldoria; è quest'ultimo, Renzo Osselli, che mi ha aiutato a ricordare la storia, un pomeriggio freddo dopo la neve, al circolino dell'Arci.
sabato 4 febbraio 2012
Bomber
http://youtu.be/tDFhH0gTbR4
La Simonetta di Bruno di Brandino mi ha inviato questo video e questa bella storia.
Cliccate sopra, troverete sorprese inimmaginabili.
Gabriele
La Simonetta di Bruno di Brandino mi ha inviato questo video e questa bella storia.
Cliccate sopra, troverete sorprese inimmaginabili.
Simonetta |
C’era una volta l’inverno del 1982, l’inverno c’è ancora e si sente, ma quello ha avuto un qualcosa di speciale. “A Molina si gira un film”, “Si cercano comparse” … la notizia si “sparse in un baleno” e tutti siamo accorsi al campino. Che sorpresa! La palestra era diventata un vero e proprio palazzetto dello sport con al centro un ring. Il film da girare era Bomber di Michele Lupo con Bud Spencer e Jerry Calà. Quasi tutti i molinesi hanno fatto le comparse: giovani e anziani, ragazzi e ragazze, adulti e bambini … Il pubblico più caloroso che un incontro di pugilato abbia mai avuto … Un come eravamo per ricordare quelli che non ci sono più e per raccontare ai più piccoli il tempo in cui anche a Molina si giravano i film.
Simonetta
P.S.
Uno degli slogan urlato dalle tribune non è quello del doppiaggio, in alcune scene venne utilizzato: “Danni a leva”, inventato dal grande Manrico del Fava.
giovedì 2 febbraio 2012
Dopo la neve
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