mercoledì 27 giugno 2012

Ugo del Soldi

Ugo Soldi e Ranieri Corti- Neri

Questa foto è del 1967. Non avevo ancora compiuto nove anni. Casina Rossa a Lucca, il giorno del pranzo per la mia prima Comunione. Una tavolata. Accanto ai miei invitati, quelli di Carlo Anichini (che ci ha lasciato ormai da più di trent'anni, lo ricordate Carlino, bello come il sole?) figlio di Ernesto di Pipone. Un'altra tavolata. Mezzo paese, si fa per dire.
Ugo il Soldi ( invitato da Carlo) è nella foto ritratto con il grande Neri del Corti, il mio nonno, ovviamente invitato da me; brindano a fine pasto.
Il Soldi era del 1917, nella foto ha cinquant'anni. Neri ne ha sessantuno. Camperà (beato lui) altri 31 anni, fino a 92.

I Soldi appunto, parliamo di lui.....
Irascibile e scontroso, approdò a Molina da Buti. era un piovuto, come si usa dire. Sposò la Fernanda e prima di farsi la casa accanto al ballo di Marino, abitò per un periodo in cima alla via Nova, nella casa dei Disperati. Riscuoteva le cartelle esattoriali dell'energia elettrica, casa per casa (allora si usava così). Per tutti e non solo a Molina,  era il "luciaio".
Mezza sega autentica, non disdegnava la litigata, senza sapere  mai come andava a finire. Spesso "non ne toccava " proprio grazie al suo fisico minuto, che non permetteva di essere percosso, pena danni irreparabili. Di fatto veniva graziato per fisico scarso.
Simone lo soprannominò "l'osso del volante".
Gli andò bene quella volta che, tornando da giocare a tombola da Agnano, con Enzino l'imbianchino e il Poncio,  incaponitosi contro un altro automobilista, che a suo dire aveva fatto una manovra sbagliata, lo inseguì per litigare. Fermatosi l'altro, nel vederlo disse tranquillo:-Un ti dò una labbrata perché sei una mezza sega...." Appunto!!!
Rissoso senza rissa, perché il fisico lo salvava.
Amava dire che, quando se ne era andato in pensione dall'Enel, i suoi colleghi avevano fatto una grande festa. E noi, per farlo incazzare, dicevamo invece che la festa grande era perchè si levava “ da rompere i coglioni a tutti”. E un po' di verità c'era....-

Era anche orgogliosissimo.
Mitica è una notte nei primi anni settanta; dopo una battaglia di secchiate in piena estate sulla piazza del paese, Loriano suo figlio, aveva lasciato la Cinquecento arancione davanti alla chiesa, perché piena d'acqua. Aveva appunto ricevuto tre o quattro secchiate proprio all'interno, e lui se ne era andato a casa a piedi, scampando all'agguato. La sua idea  era quella  di recuperare la macchina  la mattina seguente, quando si fosse asciutta al sole della piazza.
Il Soldi, come sempre si presentò al bar in tarda serata e vista la macchina del figlio esclamò:-“ Quel bischero di Loriano è venuto a casa e  ha lasciato la macchina qui, ora gliela riporto io." Si avviò verso l'auto, apri lo sportello e vide che dentro c'erano anche le chiavi. Allora usava lasciare le chiavi nelle macchine sulla piazza. Vedendole si convinse del tutto che l'avrebbe riportata a casa davvero e che avrebbe così potuto brontolare il figlio scellerato per la dimenticanza. Aprì lo sportello e si mise a sedere. I sedili di spugna della Cinquecento erano praticamente ancora zuppi d'acqua per le secchiate subite. Appena seduto, Ugo sentì le palle inumidirsi immediatamente e subito dopo si trovò bagnato fino al bacino. Guardò il qua e là, riscese e a quei pochi rimasti sotto la pergolina disse:- Ci ho ripensato, lui ce l'ha lasciata e lui ce la leva."  E si avviò col culo bagnato a piedi verso casa.

Quando era un po' più vecchio, verso la fine degli anni ottanta, non aveva perso l'abitudine di venire al bar dopo le undici di sera. Arrivava nella sala del biliardo,  si metteva in un angolo e ordinava una grappa Nardini. Ne beveva un sorso e si addormentava. Entrava allora in azione Leandro del Sega, in quel periodo sua autentica dannazione,  che le studiava di tutti i colori. Una volta gli mise intorno al collo un cartello con su scritto " non disturbate perché ho la tosse secca". Quando lo vide e lo lesse si incazzò come una bestia e come sempre condannava Leandro anche se non c'era. Più di una volta, appena addormentato, gli scambiava il bicchiere della grappa con l'acqua. Lui si riprendeva dal sonno, magari perché  qualcuno faceva un rumore che rompeva il brusio normale della sala biliardo, e senza guardare allungava il braccio a colpo sicuro verso il bicchiere della grappa sul tavolino accanto. Beveva, sentiva l'acqua, la sputava per terra e subito esclamava:" Leandro ti cambio i connotati"; poi si riaddormentava.
Qualche volta  ha costretto Leandro  a non presentarci al bar il giorno dopo, tanto si era incazzato la sera prima per gli scherzi subiti.
Ma non perdeva  una serata da Bruno, ed era affezionato a quella ghenga di tiratardi  che  gli ravvivavano la vita e ai quali alla fine era affezionato.
Eccolo allora lassù nella foto, che brinda con Neri.
Bicchieri con calice...  Alla salute!!!!

domenica 24 giugno 2012

Alvaro Rognini e i fratelli Pettersson

 Da sinistra, Romeo Andreotti, un fratello Pettersson Gosta, il secondo, Beppe del prete, Alvaro, terzo e quarto fratello.
Accosciati, Romeo il mio babbo, Gianni Parenti il nipote di Beppe e un suo amico lucchese.

Questa foto è del 1971, a Ciapino. E' stato tanto tempo in bottega di mio padre; poi era sparita. La Piera l'ha ritrovata ( era tanto che la cercavo) e mi ha telefonato subito. ( La Piera è diventata, in vecchiaia, giornalista di molinamonamour!!! la stoffa l'ha sempre avuta, anche se celata...).
Il 1971 è l'anno della svolta per il medico condotto a Molina. Arriva da Casciana Alta di Lari, il dottor Alvaro Rognini e si affianca ad Antonio Bardini, anche lui medico a Molina. Tutti e due si spartirono allora,  l'eredità del più grande di sempre: il dottore per eccellenza del paese: Giovanni Battista Bartalena. Il medico di tutti.
Così come Coppi e Bartali, e Merckx e Gimondi o la Juve e l'Inter, il popolo si divise, ma lo fece  serenamente. Il fine era la sanità pubblica, mica c'era da organizzare il tifo. Alvaro era un eclettico.... giovane e sposato con "la Luciana",  due bellissimi figli, Fredy e Checco, oggi medici tutti e due e una terza nascita in arrivo. La Chica nacque nel mese di luglio del 1971 nell'appartamento del Lazzeri sotto casa mia in piazza, dove Alvaro si era trasferito appena arrivato in paese. In seguito darà il via all'impresa della sua bellissima casa a Pugnano, dove oggi abitano tutti e tre i suoi ragazzi ( a cui voglio bene anche se non vedo mai... mi sono cresciuti in casa).
Alvaro pittore, foto inviatami dalla bellissima Chica
Alvaro amava anche dipingere e lo faceva molto bene. Il Comune di San Giuliano negli anni novanta gli dedicherà una mostra. Ero assessore alla cultura e vado fiero di quella iniziativa di grande qualità.
All'epoca, all'inizio degli anni settanta, era anche medico sportivo della Ferretti, una squadra ciclistica. Ricordate le cucine Ferretti di Capannoli? E per finire il dottore faceva parte anche del consiglio dell'ordine dei dottori.
Il 1971 per il ciclismo della Ferretti fu un anno importante. Gosta Pettersson aveva vinto il Giro d'Italia e Alvaro era stato al seguito dell'impresa.
Quell'anno Merckx non aveva partecipato al giro, per preparare bene il tour de France e il Campionato del mondo e Gosta ne aveva approfittato. Senza il Cannibale imbattibile, lo svedese aveva messo tutti gli italiani in fila.
Alvaro era al settimo cielo e decise di invitare i fratelli scandinavi a Molina. Organizzò un pranzo a Ciapino. Mio padre fu fra gli invitati. I Pettersson, Gosta, Tomas, Sture e Erik furono gentilissimi e si fecero immortalare "senza tante seghe". Ai tempi d'oggi sarebbe impossibile. Immaginate voi, diritti d'immagine, televisivi, sponsor, tutto degenerato. La foto stazionò in bottega di Romeo finchè non smise di lavorare.
 Ma la vera star di quei tempi, fu il grande Alvaro Rognini, che fece respirare a Molina un pezzo di sport internazionale.
A lui è dedicato questo ricordo indelebile.
gs

lunedì 18 giugno 2012

La via nova, anni cinquanta


Questa foto è sicuramente prima del 1960.
Ci sono gli appartamenti del Trolle, sulla sinistra, ormai storici. Dove ora sta Topino e altre famiglie e dove stava Pottella.
Non c'è ancora  la casa che fece costruire il Cecchi, l'anno delle olimpiadi di Roma, appunto nel sessanta. C'erano i cerchietti olimpici sulla porta d'entrata. Non so se ci sono ancora. La casa è poi stata abitata dal Popi e Maria Paola e adesso da una ventina d'anni e più, ci abitano Mauro il macellaio e la Graziella,  i suoi figli Luca e Carlo, le mogli e tutte le bimbette.
Non c'è ancora la banca (ora posta), e non ci sono le case sulla destra. Si intravede solo la scala della casa del Fogli, ora di Lino il panaio e anche se non si vede, c'era già la casa dove ora sta il Borbotti ed allora si diceva del colonnello; con un canone che abbaiava come un ossesso ogni volta che si passava di lì. Poi nient'altro. Non ci sono i palazzi sulla strada, che tolsero prospettiva al paese purtroppo, e non ci sono le case di Giovanni della Noemi, di Bruno di Brandino, di Pierino il Di Bugno e dei Moretti.
Sull'angolo in fondo a sinistra, il mitico Manlio e la panna ( con gli affolcibili cricio, cricio-verdi), trasferito dalla piazza e rimpiazzato dalla botteghina di Bruno.
Una bellezza d'altri tempi, da non dimenticare.
g

giovedì 14 giugno 2012

I licaoni


Qualcuno mi ha chiesto di raccontare la storia dei licaoni.
Ricordate  i licaoni e lo sci-club e la Polisportiva Molinese?
Quante risate.... e quante litigate. Ci "guastammo" forte e con qualcuno rompemmo amicizie cariche d'affetto. Ma così fu, purtroppo. Era la metà degli anni ottanta circa.
Ripensata oggi quella vicenda a quasi trent'anni di distanza, non mi piace raccontarla e non la racconterò.
Chi la sa, la sa. Chi non la conosce, meglio così, non perde niente.
La politica, l'unica cosa per la quale potrei davvero scontrarmi con forza, quando devo affermare idee nelle quali credo fortemente, non c'entrava nulla. Pensate un po'.
Fu una storia di poco conto, che divise su cose futili e non fece bene a Molina. Oggi lo posso dire con cognizione di causa. E se non fosse accaduta, sarebbe stato meglio anche per il futuro della Polisportiva ( si trattò appunto di una discussione in seno allo sci-club della polisportiva molinese), indipendentemente da dove stava la ragione, che si sa, non è mai tutta dalla stessa parte.
Allora  ero molto manicheo e non tolleravo  imposizioni (che pensavo di aver subito), altri erano come me, convinti di non darla vinta a nessuno. Molti ci rimasero in mezzo. Chi intendeva "imporci qualcosa",i comandanti di allora, dal loro punto di vista lo facevano di certo, per il bene del paese, almeno così continuo a sperare; ma secondo me ( e quella allora, non fu solo la mia opinione) con metodo sbagliato e poco coinvolgente.Ci scontrammo rimanendo alla sfera dell'invettiva, come se in palio ci fosse chissà cosa.....Un duello....
Vista oggi, fatico a riconoscerne le ragioni di fondo.
Certamente io reagii con la veemenza che mi ha sempre contraddistinto e "aggregai contro", inventando ( insieme a Leandro del Sega, che approfitto per salutare, sperando mi legga) i mitici licaoni; un po' per ironia (erano i mitici animali che attaccavano in branco) e un po' per fare incazzare i nostri antagonisti.
Nel corso del tempo, con molti di quelli con cui discussi, ho avuto modo di chiarirmi.Con alcuni dopo pochi giorni, con altri dopo mesi. Con altri ancora non ho più ricomposto la frattura e mi dispiace. Ma sono quasi passati trent'anni, allora ne avevo sì e no venticinque e oggi ne ho più del doppio; e anche con chi non mi sono mai chiarito, ora allungo la mano per stringergliela, con un atto di pacificazione unilaterale, che non obbliga alla reciprocità.
Perchè come dice il poeta:"il tempo e l'età aiutano a cercare la pace". Io l'ho trovata  da un po' e di "nemici" non ho più bisogno.
E pensieri cari a chi di quella storia fece parte e non c'è più e lunga vita a chi c'é ancora.
E un ricordo particolare ad Alberto il Bucchioni, che lavorando in Madagascar e parlandocene ( prometteva tutte le volte a Rampola che quando sarebbe tornato la volta dopo, gli avrebbe portato,  un maschio), ci ispirò la scelta dei licaoni.
La Susi mi ha ricordato ( e io lo scrivo) che il suo babbo, oltre che il licaone a Rampola, prometteva ai più vecchi anche una polverina... una sorte di viagra africano, che avrebbe fatto vedere le stelline.....E tutti a chiederlo e lui a prometterlo...
g

domenica 10 giugno 2012

Sul Fava

Il fava

Ho deciso di ripubblicare questa foto del Fava perchè a mio avviso è spettacolare.
Bravo a chi l'ha scattata.E grazie per avermela mandata (Giuseppe di Morando)
L'ho solo un po' "riscaldata", in onore dell'uomo. Unico.
Del Fava non si può raccontare una storia. Gli faremmo un torto. Lui è la storia del paese. I Roventini poi sono di ceppo molinese (la piana del roventino) e il Fava e il ceppo principe.
Ho ripensato allora ad alcune storielle che lo ricordano, e ve le propongo.
Alla fine chiuderò questo esile, umile, scrittarello con tre puntini, perchè chi ricorderà battute di e su Piero Roventini detto il Fava, è invitato a mandarle a Molina mon amour.
Se mi chiedessero al volo -" Chi sono tre persone caratteristiche di Molina che ti vengono in mente?"
ovviamente risponderei a partire dalla storia che mi sono lasciato alle spalle. Ma uno che certamente salirebbe sul podio è quest'uomo coi baffi, che ho conosciuto fin da bambino nella casa sul poggio sopra la Tripola, nella buca. Perchè con Marrico, che è suo figlio, mi conosco praticamente fin dalla nascita, e questo può bastare .

Il primo ricordo va a una storia che ho sentito racontare sempre.
Siamo nel passaggio della guerra, agli inizi. In Villa Questa ci sono gli americani. Alcuni dei nostri paesani si arrangiano col mercato nero. Il Fava giovane e sveglio è uno di questi. Cammina furtivo con un pacco, lungo il rio, di notte dopo il coprifuoco. Per gli americani  è fuorilegge.
La MP (Militar Police) americana dopo il coprifuoco sparava a vista. Era buio, pioveva. Ad un certo punto Piero Roventini detto il Fava, sente afferrarsi per la collottola, si gira ed è un nero... "un militare nero alto due metri", così lui raccontava, avvolto in una mantella, con in mano un lume. Lo guarda, illumina il suo affare già sfoderato sotto la mantella, ( una bestia dirà poi il Fava) e dice perentorio. Dove vai, tu puppare!!!.
- "Aveva una cappella rossa sembrava un fo'one" raccontava Piero, ancora esterefatto a distanza di anni.
Che però preso dalla paura di un assaggio forzato della bestia ingazzurrita del nero, disse con forza-"IOOOOOOO!!!!!! con tutte le donne che ci sono in Italia???. "Si divincolò e fuggì. E qui finisce il suo racconto.
Per farlo arrabbiare qualcuno diceva che il patteggiamento se c'era stato, gli era costato almeno un bacino sulla punta. E lui a battersi con la mano sulla fronte e a ripere la stessa frase di sempre-" Di già siete allevati a Nutella, cosa ne volete sapè' della vita."

Seconda storia,; siamo nel 1974, tutti giovanissimi stiamo partendo per una vacanza all'isola d'Elba. E' molto presto e ci stiamo radunando per andare a prendere il treno a Rigoli, che poi ci avrebbe portato da Pisa a Piombino per il traghetto. Con noi c'era anche Marrico, che del Fava è figlio. Quell'estate M. aveva, oltre  i capelli ricci lunghissimi che l'hanno caratterizzato per anni, anche una serie di collane colorate al collo e molti braccialetti ai polsi. Il Fava arriva sulla piazza, ci guarda, scruta gli zaini, batte la mano sulla fronte, poi si rivolge a Marrico e gli dice-" Fai ammodo...."- lo guarda meglio e aggiunge-" O dove vai con tutti quei bracciali e quelle collane, mi sembri il Negus".

Al Tapiro che lo fece incazzare al biliardo, dopo aver fatto una bazzica a culo, lo guardò e gli disse....-" di già, mi pai... mi sembri... di già con tutti quei nei ner muso mi sembri una schiacciatina con lo zibibbo!"

E a Beo, lo ricordate Beo, il marito della Isolina  e babbo di Pipino, la Romana del Nicchio e la Maria e la Elena, e Gigi che finì in Avane e il povero Silvano, il trombino. Lo ricordate? un giorno si addormentò al bar e aveva le labbra un po' ciondoloni. Lui  ( il Fava) lo svegliò perchè russava e gli disse-" O Beo, ciai du labbra sembri il rovescio d'una conca! Un vai a letto."
Ma a proposito di Beo e mi scuso per la divagazione, mi ricordo quando qualcuno raccontava da Bruno, un giorno d'estate, che il dottore gli aveva detto che la debolezza gli causava continue erezioni. E lo diceva convinto e quasi dispiaciuto. Allora Beo che era in un canto a sedere, lo guardò e gli disse
-" ber mi bimbo, l'avessi la tu' debolezza...!"
Del Fava prima o poi dettaglieremo quando inventò del gatto ("c'aveva du' occhi, che dalla paura ne lo tirata per abbonillo) che gli aveva mangiato una bistecca, che all'improvviso mancava, per una mangiata in monte con gli amici e che invece aveva sgranato lui zitto zitto; o quando tornato dalla Corsica dove era stato a fare il boscaiolo ( perchè con la motosega era un maestro)voleva insegnare a tutti come si diceva pappagallo in francese-"PEROCHE!!!!!!"
O quando dopo aver fatto bazzica al biliardo, dove era il meglio di tutti ,diceva -E'sonata!!!!" e riscuoteva ridendo sotto il baffo.
O quando col Sodini andava a fare la cura dell'aerosol a Pisa.
E a Marico, che annunciandogli -"Babbo mi sposo."ed era vero, si sentiì rispondere:-"te a fà ma,'apelli"
E tante e tante altre ancora, che nel tempo ricorderemo.
Era anche uomo dalla rima facile.
Storica è la filastrocca di quando da sotto la pergolina, vide da lontano arrivare la macchina del suo genero con sopra la Elda sua moglie, che tornava dall'ospedale dove aveva avuto un piccolo intervento "da donne", come si usava dire all'epoca nei paesi.
La vide, si alzò e per giustificare che lasciava la compagnia poetò così:-
"Ecco la Elda operata
con la potta sinistrata.
Ohi Dio, Ohi Dio
l'ha operata Servadio."

Grande, unico, irraggiungibile, Piero Roventini detto il Fava.
Ogni tanto quando vado al cimitero a trovare mio padre, "faccio un giro per salutarli tutti" In 100 metri quadrati c'è la storia di un paese...
Quando arrivo da lui, chiudo gli occhi e mi pare di rivederlo arrivare col Ciao, come un po' di anni fa.
Allora alzo la mano e lo saluto...

giovedì 7 giugno 2012

Una storia, piccola piccola.


Le Covinelle

La sezione del Pci del


Lungomonte decise di far


dipingere alle bimbotte di


Molina un grande stendardo


raffigurante Togliatti.


Uliano Martini, partigiano e pittore,




si offrì di coordinare le




disegnatrici.

Tutto si svolse nel suo studio in Borgo, a Pisa.

Passavamo pomeriggi, le "pittrici" e noi perditempo che le

accompagnavamo, con quest'uomo che ci rubò il cuore e mai

ce lo restituì, tanto è stato il bene che gli abbiamo voluto e


che ci ha dato.

Lo stendardo fu pronto e all'inizio della festa dell'Unità, era il

Settembre del 1976 mi pare, fu posizionato in cima all'abete

delle Covinelle, dove si teneva la festa; in alto che di più non


si poteva. Uliano venne più volte alla festa a  Molina, ed era

fiero di aver aiutato un gruppo di giovani a fare quella bella

cosa.

Alla fine della festa, lo stendardo restò lassù, un po' perchè ci

stava bene e poi non era facile toglierlo. Restò lì e dopo un

paio i mesi, Luvisotti, oppositore politico del Msi, autore di

battaglie furiose in comune, ma dotato di grande ironia,

scrisse una lettera all’amministrazione comunale che così

diceva: -Chiedo di togliere dall'abete, alle Covinelle, il non

ancora santificato Palmiro Togliatti."

Ma ormai era inverno e nessuno si sarebbe arrampicato fin

lassù....
Chissà dove sarà ora il Togliatti di Uliano e delle bimbe di Molina.

In compenso appena diventai Sindaco nel 1995 ad Uliano Martini, intestai la biblioteca comunale........